martedì 13 luglio 2010

Spesso le aziende mi chiedono se devono essere presenti su Facebook o Twitter, e se sì, cosa devono fare. Altre mi chiedono ma è meglio aprire un corporate blog o una pagina su Facebook?

Ultimamente c’è stata una vera rincorsa da parte di molte aziende e attività commerciali ad aprire gruppi e pagine su FB, proprio per il fatto che FB è gratis, per poi chiedere ossessivamente a tutti (amici, clienti, conoscenti) di diventare fan; quasi che avere il massimo numero di fan o amici equivalesse a essere più importanti o a incrementare il business.

Quando l’approccio è fine a sé stesso, la sua efficacia è molto ridotta, tanto più Facebook che si diverte a cambiare le carte in tavola molto spesso: è di poco tempo fa la modifica dei fan in semplici “I like”(=mi piace).

Il punto è che i social network non nascono per scopi commerciali e se si entra con il modo e il linguaggio sbagliato, non solo non si ottengono risultati, ma si rischia di essere bannati. Senza parlare dell’effetto boomerang di coloro che sono bersagliati da messaggi privati e inviti ad eventi: un vero bombardamento di spam indesiderato.
La verità è che questi siti sono nati per far divertire le persone: per farle incontrare, conoscere, dialogare, scambiare foto, video e link. Se un’azienda riesce ad entrare in questa ottica e magari far divertire i suoi (potenziali) clienti ecco che le possibilità di ritorni aumentano. Non è un caso che creare applicazioni sia una delle forme più intelligenti di promozione.

Se usato intelligentemente Facebook ha un’enorme potenza comunicativa: se ho un gruppo di reali appassionati al mio settore/articolo/argomento, posso con un click inviargli comunicazioni e news con un tasso di risposta molto forte.
Ma d’altra parte non dobbiamo dimenticarci che oltre alla sfera ludica, Fb ha un altro limite: la sua mutevolezza nel tempo. Tutto ciò che posto, pubblico, commento, linko oggi, domani sarà già sparito nel flusso delle conversazioni.
Questa è l’ obiezione che pongo a chi - organizzando eventi o pubblicando news spesso - non investe anche in altre forme di visibilità online, vedi ad esempio un blog.

E’ vero che oggi è più facile che ci siano commenti e interattività su Facebook rispetto a un blog, ma il blog mi permette di mantenere traccia di quello che, come azienda, faccio.

Questo punto è molto complesso, anche perché nel frattempo si è aggiunto pure Twitter! Dove la tempestività e potenza di fuoco dei messaggi va di pari passo a una estrema volatilità delle twittate! (tweet significa infatti cinguettio).

Mi piacerebbe lanciare una discussione su questo argomento!!!

giovedì 10 giugno 2010

Poco tempo fa il team di Google Analytics ha annunciato, tramite un post sul blog ufficiale, una novità di rilevante importanza.
Google sta infatti testando un plugin per browser che permetterà agli utenti di decidere se essere tracciati o meno sui siti che utilizzano Google Analytics. Il plugin è ancora in fase di test e dovrebbe essere rilasciato nelle prossime settimane.
Con questo plugin Google vuole tutelarsi dai problemi di privacy. Ricordiamo infatti che qualche mese fa le autorità tedesche avevano dichiarato illegale l’utilizzo di Google Analytics in Germania a causa del mancato consenso preventivo da parte degli utenti a fornire informazioni ritenute sensibili.
Google Analytics è uno dei software di statistiche più utilizzati al mondo, quindi cosa comporterà?
La diffusione dell’utilizzo di questa possibilità di “opt-out” potrebbe portare le aziende ad avere dei dati statistici meno precisi in merito ai visitatori del proprio sito web.
Google, infatti, non ha ancora reso noto per quali browser sarà reso disponibile il plug-in e non ha chiarito se il plugin verrà integrato di default nei principali browser.
Molto probabilmente alcuni utenti utilizzeranno il plugin per non essere tracciati, ma la maggior parte degli utenti non lo farà. La web analytics è sopravvissuta ai problemi di tracciamento dovuti alla disattivazione di cookie e javascript nei browser e resisterà anche a questo plugin.
Inoltre Google Analytics offre una possibilità di gestione della privacy. Ciò potrebbe portare ad una sua diffusione ancora maggiore.

giovedì 27 maggio 2010

Come capire e identificare il valore della popolarità e quindi del successo di una marca sul Web? E’ sufficiente conoscere il Google PageRank del sito ufficiale del brand e il numero dei suoi fan su Facebook?

Proviamo a rispondere a queste domande individuando un insieme di indicatori utili ad analizzare il posizionamento e la popolarità dei brand nella Rete.
Il successo di un brand online è funzione sia della reputazione che della popolarità: in questo articolo ci occupiamo della popolarità.
Come dicevamo inizialmente, i metodi che utilizzano il Google PageRank come unico indicatore della popolarità sono fortemente limitati: a dirlo non siamo noi, ma Google stessa! Infatti la nostra ricerca prende spunto anche dall’articolo Google e l’abbandono del PageRank che, riportando l’opinione del Director of Research di Google, mette in discussione il valore assoluto del PageRank per quantificare il successo di un sito web.
Abbiamo scelto gli indicatori maggiormente orientati all’analisi di siti web di brand, attribuendo a ciascuno di essi un peso, a seconda della loro importanza. Gli indicatori considerati sono:
1. Google PageRank: valore numerico compreso tra 0 e 10 che Google assegna ad ogni pagina web indicizzata sulla base della sua popolarità.
2. Wikipedia: numero di collegamenti esterni presenti su Wikipedia alle pagine del sito ufficiale di un brand.
3. Facebook: numero di iscritti alla pagina fan ufficiale del brand.
4. Link in entrata: numero di link che rimandano al sito ufficiale del brand.
5. Twitter: numero di follower del brand.
6. Delicious: numero dei segnalibri Delicious in cui è presente uno dei siti del brand.
7. YouTube: numero di iscritti al canale ufficiale del brand.
8. Alexa: valore numerico che indica il ranking del sito, calcolato sulla base del numero di utenti che lo visitano e del numero di pagine viste.
9. Google Statistiche di ricerca: numero di volte in cui un brand è stato ricercato su Google nel corso degli ultimi 90 giorni.

Questi valori che abbiamo elencato sono in grado di fornire un indice complessivo della popolarità sul Web di un brand e può essere esteso a qualsiasi settore, merceologico o meno. Per poter determinare il successo online, che è funzione sia della popolarità che della reputazione, in futuro ci occuperemo di reputazione e di Social Media Monitoring, completando l’analisi quantitativa con una qualitativa, in modo da analizzare non solo “quanto” un marchio sia presente sul web, ma anche “come” sia presente. Nestlé ad esempio è “popolarissima” su Facebook, ma andando ad osservare la sua pagina fan ufficiale un po’ più da vicino ci si accorge che alcuni dei commenti presenti non sono per nulla positivi. Da adesso in poi, quindi, il nostro progetto si concentrerà sugli aspetti qualitativi della presenza online dei brand, e potrebbe presto tradursi in un nuovo post.

venerdì 16 aprile 2010

Hai mai provato a cercare su Google suggerimenti su come scrivere una headline che funziona? Io l’ho fatto, così per curiosità e ho trovato ben 88.000 risultati. Solo in italiano. Cosa ti pare?
Pensa a ciò che avviene quando entri in un negozio o passeggi per le vie del centro: qualcosa cattura la tua attenzione, approfondisci, desideri ed acquisti. Sui siti web avvengono le stesse cose nel medesimo ordine, sia che si tratti dell’acquisto di un libro che della prenotazione di una camera.
Pensa all’impatto che una buona headline può avere su di te. Quale libro sceglieresti tra: “Consigli Utili Per Sviluppare La Muscolatura” o “Scolpisci Il Tuo Corpo Grazie Ai Segreti Di Un Ex Bodybuilder”?
Se sei come me, sei attratto più dal secondo titolo, l’headline è l’unica cosa che conta nella vendita, non importa quando informativo sia il contenuto, una buona headline è il passo fondamentale per una pagina vendita da centinaia di euro.
Al giorno d’oggi che ci sono centinaia di blog che nascono ogni giorno, la competizione si fa sempre più spietata, non importa chi sia il più acculturato, l’importante è riuscire a portare traffico e la spunta quello che riesce a strutturare le headline migliori per attrarre i visitatori.
Le migliori headline che ho visto usavano dei trucchi persuasivi per invogliare un potenziale utente a compiere l’azione di acquistare il prodotto, ecco le strategie che dovete assolutamente applicare alla vostra headline:
• Usa l Verbo “Come Fare” : I navigatori vanno sempre di fretta di questi giorni, se cercano una determinata cosa online, la vaglino in fretta e furia, il “come fare” è un qualcosa che fa capire all’utente che si va direttamente al punto.
• Usa I Numeri: E’ stato testato che le persone sono eccitare dai numeri, danno una chiara spiegazione delle cose che riusciranno ad avere, e sono di più veloce lettura, il contenuto e sovrano, ma quello veloce e senza fronzoli ancora di più.
• Sii Specifico: Meglio non far rimanere all’utente nessuna perplessità dopo aver letto la headline, è buono essere esplicativi nella propria headline, ma meglio andare diritti al punto e far capire al potenziale buyer cosa riceverà.
• Dai Benefici: Perché una persone dovrebbe leggere il contenuto che proponi se non glie è di nessuna utilità? Usa solo informazioni che possono dare benefici ai tuoi clienti, nulla di più.
• Tieni A Mente Le Tue Keywords: Non sacrificare il posizionamento organico nei motori di ricerca per una headline carina. Cerca di inserire nell’headline keywords che siano attinenti con la tua nicchia.
• Inizia Con Un Verbo Magnetico: Questo è il momento di incuriosire il lettore e catturare la tua attenzione, il tipo di verbi che si usano, possono determinare la riuscita o il fallimento dell’headline, tipo “Scopri” è molto più efficace di “vedi” e “Segreto” più efficace di “informazione”.
• Fai Una Domanda: Questa è un’atra tattica per intrigare il lettore, cosi li spingi a trovare una risposta nella tua sales copy.

Attenzione però dipende sempre da chi è il Target. In qualsiasi forma di comunicazione l'attenzione e il messaggio sono solo e soltanto per il ricevente/utente/internauta/lettore.
Troppo facile poi sostenere che “la pubblicità online non funziona”. Per scuotere gli utenti, la condizione indispensabile, è di avere un titolo in grado di suscitare curiosità e riscuotere attenzione.
Sul web è bene scrivere titoli diversi a seconda del contesto, ci sono headline che si addicono alla landing page ma non funzionano sui siti di social news, e titoli indicati per gli annunci adwords, ma poco consigliabili per i motori di ricerca.
Sulla pagina web le headline dovrebbero sottolineare il reale vantaggio che il contenuto, o il prodotto descritto nella pagina, rappresenta per l’utente. E’ bene che il focus sia posto sui desideri degli utenti, più che sui bisogni. Ad esempio gli utenti hanno bisogno di cellulari per chiamare, ma desiderano (e comprano) cellulari molto più complessi.
Sui siti di Social News (OkNotizie, Segnalo …) la nostra headline sarà esposta a migliaia di utenti ma per un periodo molto breve. Dovrai scrivere una headline che suggerisca immediata utilità e una certa urgenza. Sugli annunci Adwords avrai la necessità di avere la key nel titolo, per alzare il Quality Score e quindi per abbassare i costi della campagna PPC. La key nel titolo farà anche in modo che questo esca in grassetto, aumentando in questo modo il CTR. Nel tag title è bene mettere le keywords a sinistra, per motivi legati alla SEO (Ottimizzazione per i Motori di Ricerca), senza rinunciare a compiere una frase. Se non vuoi rinunciare al brand ponilo alla fine del title, magari separato da un trattino.
Penso che vi sarà utile anche considerare i consigli che ha dato uno dei padri della pubblicità moderna, David Ogilvy. Questi consigli David Ogilvy li ha dati quando Internet non c’era ancora, SEO era una sigla sconosciuta e il marketing era solo marketing, senza web davanti. Ma sono a mio parere ancora attualissimi.
Eccoli, per tutti quelli che amano il lavoro del copywriter e lo fanno con passione e impegno sincero. Sono cinque piccole domande facili facili la cui risposta non sempre è scontata:
questa headline che sto leggendo o che ho scritto
ha attirato la mia attenzione appena l’ho vista?
Avrei voluto averla pensata io?
E’ unica?
E’ perfettamente in strategia?
Potrebbe essere usata per altri trent’anni?
Se riesci a dare una risposta a questa ultima domanda, sarai pronto ad entrare nella storia della pubblicità e della comunicazione.

sabato 10 aprile 2010

Ecco ancora un po’ di teoria gente…prometto che farò un po’ di pausa!!!:)
La maggior parte delle strategie relative alla vendita di un prodotto, riguardano il marketing (packaging, prezzo, target etc). Per la semiotica ci si chiede: sulla base di quali criteri e di quali assiologie i beni pubblicizzati sono messi in valore? FLOCH 1992, ha proposto una classificazione di valorizzazioni pubblicitarie a seconda che l’assiologia pubblicitaria sia costruita partendo da:
◊ VALORIZZAZIONE PRATICA: utilità dell’oggetto
◊ VALORIZZAZIONE UTOPICA: senso sociale
◊ VALORIZZAZIONE LUDICA: capacità di attrarre la simpatia e il divertimento del lettore
◊ VALORIZZAZIONE CRITICA: convenienza economica.
Il carattere oppositivo del senso comporta il fatto che la dimensione minima per un’analisi semiotica non sia un’unità testuale isolata, ma piuttosto una coppia di unità. Tale opposizione di 2 due significati diverso dello stesso ambito (colore-colore e non colore-sapore) si chiama categoria semantica i 2 requisiti sono: 1) che i 2 termini appartengano allo stesso piano semiotico e) che i 2 termini siano disgiunti. Per ricostruire le categorie semantiche pertinenti di un testo, il semiologo identificherà le principali isotopie (diversi modi per dire la stessa cosa) e studierà i rapporti tra loro, in modo da individuare i concetti che si oppongono. Lo schema del quadrato semiotico prevede:
- Riga orizzontale in alto s1 s2: opposizione o contrarietà es. bianco/nero.
- Righe diagonali: contraddizione es. bianco e non bianco, nero e non nero, il rapporto dei termini che si fronteggiano nella diagonale deve essere di esclusione.
- Riga orizzontale in basso Non s1 e non s2: subcontrari es. non bianco e non nero (hanno una zona di sovrapposizione es. grigio).
- Righe verticali: deissi o implicazione: sono legati da un’indicazione esemplare bianco è per forza non nero.
Occorre distinguere:
_ VALORI D’USO: es. valorizzazione pratica. Non d’uso valorizzazione ludica.
_ VALORI DI BASE: valorizzazione utopica. Non di base valorizzazione critica.
QUADRATO DI FLOCH:
Valorizzazione pratica Valorizzazione utopica o mitica

Valorizzazione critica Valorizzazione ludica
Vi sono altri schemi SEMPRINI e FERRARO (oppone oggettivo/soggettivo – relativo/assoluto).
La ripetizione del messaggio è comune a tutte le strategie pubblicitarie (saghe). BARTHES distingue 2 modi per ottenere la persuasione:
_ COMMOZIONE: manipolazione dei sentimenti altrui.
_ CONVINCIMENTO: far leva su argomentazioni ragionali.
Occorre far riferimento alla TEORIA DELLA NARRAZIONE che prevede uno schema di azione tipico:
1. MANIPOLAZIONE: qualcuno viene indotto a fare qualcosa
2. COMPETENZA: che può tradursi in oggetti che danno potere o sapere.
3. PERFORMANZA: in cui si realizza il compito previsto
4. SANZIONE: fase del giudizio.
La strategia pubblicitaria che parte dal riconoscimento del valore dell’enunciatore richiama l’attenzione sull’avvenuta acquisizione di competenza, quella che sfrutta i valori acquisiti dai destinatari li rinvia ad una sanzione. La pubblicità ricorre alla retorica.

venerdì 9 aprile 2010

La pubblicità è uno dei principali motori dell’economia e un potere che condiziona tutti i mezzi di comunicazione di massa, ma, ormai già da anni, anche la comunicazione mirata. Una corrente artistica dura anni, uno spot al massimo qualche settimana. La pubblicità si consuma e spesso si ricorre a saghe (Gavazza, tim). La semiotica analizza in profondità il testo pubblicitario, nei suoi diversi aspetti. La semiotica coglie le strutture di senso. In questo senso permette di cogliere i grandi mutamenti della vita sociale (es ruolo della donna).
La pubblicità usa i testi (immagini, foto, video etc). Testo rimanda al concetto di intreccio (textus) e testimonianza (tesis). ECO afferma che il testo è una macchina pigra che ha bisogno del lettore per funzionare. E’ evidente la complessità e la semiotica serve proprio per analizzare la struttura dei testi a livello profondo. La pubblicità usando i testi, ricorre ad un’attività di mediazione perché al contrario delle altre vendite, usa i mezzi di comunicazione di massa. Nella relazione messaggio-detinatario, i testi pubblicitari possono essere:
- Più o meno mirati ad un target preciso.
- Più o meno intrusivi
- Più o meno locali
- Più o meno evitati dal destinatario
- Più o meno interattivi
Per quanto riguarda l’organizzazione interna:
- Iconici
- Verbali
- Narrativi
- Ludici
- Pratici
- Utopici
Il testo pubblicitario è diverso a seconda del mezzo che sfrutta (carattere parassitario o interattivo) tv, affissione, radio, cinema, web, interfacce, touch screen, etc. Il pubblico è sempre più selettivo e occorre gratificarlo, visto che la pubblicità volge al suo declino (ricerca Univ di Pavia solo il 3% ama la pubblicità). Si ricorre a delle gratificazioni (telefonate gratuite o prova di un programma per un mese).
Il discorso pubblicitario si distingue per il suo carattere strategico in quanto finalizzato ad altro. Vi sono vari discorsi (politico, sportivo, artistico etc). Il rapporto con i consumatori è asimmetrico: 1 a molti e obiettivi a breve (pubblico) e a lungo (pubblicità). E’ perlocutivo svolge un’azione in vista di altri fini, ma in maniera esplicita: ci mostra un filmato divertente per vendere un sapone. Questa strategia à legata a:
* VALORIZZAZIONE POSITIVA:
* TEMA: consumismo!
Per valorizzazione la semiotica intende il funzionamento di un testo che, attraverso opportune mediazioni semantiche, congiunga un certo oggetto con l’opposizione timica (particolare elementare che alterna bene al male). La pubblicità sottolinea il valore aggiunto che differenza un bene in contrapposizione ad altri. Una delle funzioni economiche della pubblicità, in quanto valorizzazione del consumo, è quella di provocare artificialmente l’usura semiotica delle merci già acquistate e consumate solo in parte. Il VALORE SEMIOTICO: relazione orizzontale che lega e oppone un segno agli altri che si trovano nello stesso ambito, definendo la sua funzione comunicativa per opposizione rispetto alle altre possibili unità dello stesso sistema semiotico.

...to be continued...

giovedì 1 aprile 2010


DiversoCMI augura a tutti visitatori, lettori e sostenitori una Meravigliosa Pasqua.






Inno alla vita (Madre Teresa di Calcutta)

La vita è bellezza, ammirala.
La vita è un’opportunità, coglila.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne una realtà.
La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è una ricchezza, conservala.
La vita è amore, donala.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La vita è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, accettala.
La vita è un’avventura, rischiala.
La vita è felicità, meritala.
La vita è la vita, difendila.

DiversoCMI

 

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